
“Un documento corale che offre una direzione condivisa per costruire spazi che fanno crescere le comunità e migliorano la qualità della vita. La partecipazione è il metodo: bambini, ragazzi e cittadini diventano protagonisti e l’architettura un bene comune. La comunità degli Architetti PPC con scuole, enti locali e associazioni, promuove qualità urbana e inclusione sociale”.
Con queste parole Lilia Cannarella, responsabile del Dipartimento Partecipazione, inclusione sociale e sussidiarietà del CNAPPC, ha sottolineato e sintetizzato il valore e la portata del Manifesto di “Abitare il Paese. La cultura della domanda” lanciato lo scorso 4 dicembre in occasione della presentazione della VIII edizione del Progetto promosso dal CNAPPC in collaborazione con la Fondazione Reggio Children – Centro Loris Malaguzzi e realizzato, nell’ambito del sistema scolastico, in sinergia con gli Ordini territoriali degli Architetti PPC.
Attraverso laboratori e processi partecipativi che vedono protagonisti studenti, insegnanti e architetti, Abitare il Paese ha contribuito a promuovere azioni di rigenerazione urbana “dal basso” mettendo in relazione comunità, istituzioni e professionisti nella ideazione condivisa di visioni e pratiche per la trasformazione dei territori.
Nel corso dell’iniziativa Massimo Crusi, Presidente del CNAPPC, sempre a proposito del Manifesto ha tra l’altro ricordato che “uno dei suoi obiettivi è quello di non disperdere e fare tesoro del lavoro così complesso di co-progettazione territoriale tra i singoli Ordini degli Architetti PPC, le scuole e i territori. È poi fondamentale il suo contributo per tenere acceso il bisogno di una architettura di qualità che si alimenta attraverso la cultura della domanda e la consapevolezza della funzione sociale dell’architettura. Abitare il Paese si conferma un Progetto strategico nella costruzione di una rinnovata cultura dell’abitare per restituire centralità a città, territori e scuola nella vita delle comunità”.
Il Manifesto si rivolge alle Istituzioni, ai dirigenti scolastici, ai docenti, alla comunità scolastica e agli architetti che sono gli attori del Progetto.
Alle Istituzioni può fornire, nel XXI secolo, definito “secolo delle città” – e nel quale dalle trasformazioni urbane dipende la capacità delle “comunità” di costruire la propria visione di futuro – indicazioni per favorire la qualità urbana, contrastando i fenomeni di segregazione ed emarginazione sociale e favorendo così l’inclusione.
Rappresenta, poi, un percorso innovativo per costruire una scuola viva, che segni il passaggio dall’aula allo spazio fuori di essa, aperta e capace di formare una vera comunità educante dove l’intreccio tra pedagogia e architettura possa rigenerare pratiche didattiche spesso ripetitive con il supporto e l’utilizzo di nuovi strumenti e linguaggi. Negli anni l’esperienza di Abitare il Paese si è articolata attraverso narrazioni teatrali e fotografiche, cartografia partecipata, monumenti viventi, universal design, urbanismo tattico, hackathon e discipline STEAM, nonchè il gioco.
Per la comunità degli Architetti PPC il Manifesto vuole essere un appello professionale ed etico: un invito a riconoscere e a esercitare pienamente il ruolo di custodi, mediatori e attivatori di processi sociali e culturali, e non solo progettisti di spazi. Per affermarsi sempre di più come professionisti capaci di attivare processi di partecipazione e di educazione civica, mentre l’architettura si conferma come bene comune e come strumento di crescita civile, capace di unire passato e futuro, etica ed estetica, comunità e territorio.
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